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      Insomma, questo pubblico, don Marzio redivivo, non s'interessa se non delle piccole gesta di piccole creature umane, che rappresentano, di fronte all'umanità, quel che rappresenterebbe un effimero volo di bolle di sapone paragonato con la vertiginosa eterna corsa delle sfere celesti. E, anzichè mostrarsi stufo arcistufo, non è mai stanco di sentirsi raccontare e ripetere che la signorina tale ha messo tre anni, tre mesi e tre giorni, poveretta, per comprendere che l'amore è come il pane imburrato, al quale, se fai tanto di dargli due buoni colpi di lingua, non rimangono più nè sapore nè burro, e che la signora talaltra ha il cuoricino simile a una spugnetta avida d'imbeversi non di passione (la passione, per carità!), ma di carnali esperienze e di succolenti capriccetti.
     
     
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      Poe ha trovato un nido, nel paesello di Fordham: una casupola di legno, con una veranda lunga quanto la facciata. A pianterreno, c'è una stanza grande, con quattro finestre, e una piccola cucina. Un'angusta scaletta conduce alle camere del piano superiore: l'una somigliante a una scatola, destinata a Maria Clemm; l'altra, soffocata dal tetto in declivio, per gli sposi. Rustico nido. Ma che spettacolo, dalla veranda! Pini e cedri, su creste rocciose; e vallate, cosparse di villaggi, e ampie distese di prati, sin laggiù, sino al lontano azzurro mare.
      Il solitario nido ignora le insidie degli uomini ma non può sottrarsi alla tragica ostilità del Destino. La dolce compagna di Edgar, Virginia, muore etica.


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Edgar Poe
di Pierangelo Baratono
Formiggini Editore
1924 pagine 58

   





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