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      E tuttavia, anche i dionisiaci, spento con la morte lo scandalo della vita e ottenuta venia, col tempo, per le arditezze e la possente originalità dell'arte, strappano il plauso a coloro stessi che, esterrefatti spettatori dello scandalo e tardi apprezzatori dell'originalità, li avean considerati, per l'addietro, come lebbrosi. No, i dionisiaci non sono lebbrosi. Ed hanno, in fondo, un solo torto: di non esser mai contemporanei.
      Il dionisiaco poeta non vive mai all'epoca giusta. Eppure, quasi sempre, è l'uomo più rappresentativo della sua epoca. Anche Poe, nato da una razza amalgamata e, tuttavia, intenta a foggiarsi i caratteri di una stirpe nuova, fu senza volerlo e senza saperlo, per una feroce ironia del destino, l'uomo più rappresentativo di quella medesima folla, da cui era ignorato o spregiato. Ma non il popolo d'emigranti, raccolto nei vasti confini degli Stati Uniti d'America e ancor sbalordito per il brusco distacco dalle antiche origini e dalla madre patria, riuscì a scorgere nel poeta maledetto le qualità essenziali della stirpe in formazione: e neppure si avvider di ciò i biografi, fosser essi acrimoniosi cronisti come Rufus W. Griswold o entusiasti poeti come Baudelaire. E, tuttavia, le bizzarre caratteristiche di quel popolo giovane e vecchio ad un tempo appaion così nitide e definitive nell'opera letteraria di Poe, da sembrar come segni di fuoco, tracciati a dirigere i primi passi di una razza verso le ultime mète. Bizzarre caratteristiche: ed armi ben foggiate per la vittoria.


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Edgar Poe
di Pierangelo Baratono
Formiggini Editore
1924 pagine 58

   





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