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      Costui, un poco rassicurato, tentò di togliersi dalla stretta. Ma la donna, malgrado le scosse, non lasciò l'abito; al contrario, vi si aggruppò con maggior forza, mormorando:
      — Rimani. Ho bisogno di te.
      Storno ebbe un gesto di rassegnazione e si lasciò cadere sovra il primo gradino della scalinata. E poi, una compagnia, qualunque essa fosse, in quel momento gli riusciva gradita. La donna gli fu subito al fianco, sedendosi anch'essa e impadronendosi, con le dita lunghe e scarne, di un braccio di lui.
      — Come ti chiami?, chiese dopo un minuto di silenzio.
      — Che t'importa? Lasciami andar via; non ti conosco. Non ti voglio far del male, ma ho paura di te. Devi essere uno spirito della notte.
      La donna fece sentire una breve risata, poi ripigliò a parlare:
      — Dimmi come ti chiami.
      — Storno, borbottò lui fra due bestemmie.
      — Sei vecchio, ma mi piaci lo stesso. Che fai di mestiere?
      Storno ebbe un guizzo. Poteva vendicarsi.
      — Sono giornalista, disse.
      — Oh? E guadagni molto?
      Il vecchio rimase silenzioso. Non voleva compromettersi con l'esporre la cifra della sua rimunerazione. Del resto, l'avventura cominciava ad interessarlo.
      — Non importa!, ripigliò quella bizzarra creatura. Ti devo raccontare molte cose; per questo ti ho fermato.
      — Di' pure; ma sbrigati. Non mi piace la tua vicinanza.
      — Via, mi ascolterai lo stesso. Devi essere buono!
      La voce della donna era dolce, leggermente velata e tremolante. Dal suo corpo ancor giovane, ma disfatto dalla miseria, si sprigionava un tanfo nauseabondo di vino.
      — Io mi chiamo Scarpette.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





Scarpette