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      Le diede un pizzicotto sul braccio e sentendone la durezza diede in un'esclamazione di gioia. Scarpette chinò il viso. Così, su due piedi, non sapeva decidersi. Avrebbe voluto parlarne, prima, allo Storno e anche al Pinzi.
      — Su su, le urlò in faccia Pipita. Non farmi la schizzinosa, ora. Bisogna decidersi subito.
      Ma lei resisteva, intestata nel voler chiedere il permesso ai suoi amici. Allora Pipita ebbe uno scatto d'ira e la percosse sovra una guancia. La donna si fece subito mansueta, non parlò più e s'avviò per uscire.
      — Lavati, prima; le gridò il ganzo. Sei tanto bestia da non ricordarti neppure questo?
      Quando, la mattina, Scarpette tornò a casa con gli occhi pesti e con un gran male alla bocca dello stomaco, trovò Storno e il Pinzi in piedi che l'aspettavano. Essa lesse in quei volti tanto dolore, vide un rimprovero così straziante in quegli occhi arrossati dal sonno e dal pianto, che cadde in ginocchio, mormorando:
      — E stato Pipita!
      Due ore dopo il giovanotto entrava fischiando nella camera dei tre. Egli sperava di poter riscuotere la propria senseria e fors'anche tutto. Trovò invece soltanto il vecchio Storno con le maniche del camiciotto rimboccate fin sopra il gomito e con una grande pipa fra le labbra. Gli sguardi di Storno erano duri. Pipita ebbe un brivido di paura.
      — Ah, sei tu!, lo salutò il vecchio. Vieni qua.
      Pipita, un po' rassicurato, si avvicinò. Quando fu al fianco di Storno, costui lo afferrò per le spalle e lo costrinse a piegarsi sul terreno. Poi gli fu sopra col viso sopra il viso, sputandogli in faccia le parole e le ingiurie:


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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