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      Il Sergenti diede risposte evasive. Infine, concluse:
      — Senti, Augusta, al male non c'è rimedio. Per ora, bisognerebbe trovare un mezzo per toglierti dalle mani di Dario. Io non posso tenerti, perchè ho famiglia, e poi, mi trovo in momenti difficili. Dovresti ascoltare la voce della ragione e pensare che devi vivere appunto per la tua bambina. Ma vivere come? La tua famiglia, ormai, non vorrebbe più saperne di te. E poi, è pericoloso risuscitare, specialmente dopo la finta morte, che ti sei procurata. Dunque? Io ti proporrei, naturalmente per toglierti dal giogo di Dario, che non ti deve essere troppo piacevole, di assumere un finto nome e di raccomandarti alla protezione di una mia amica, alla quale ho narrato le tue sventure e che ti vuol già molto bene. Essa penserebbe a mantenerti nei primi tempi. Colla tua bellezza e col tuo spirito non è difficile poter vivere e anche comodamente. Pensaci e ricordati che la tua felicità deve essere sacrificata a quella della nostra bambina, la quale si trova, ora, il diavol sa in quali mani.
      Augusta non si accorse della falsità di questo discorso. Uno strano amore materno per una bimba appena intravista le vietava di ragionare troppo. Essa vide soltanto, nella proposta del Sergenti, un mezzo per liberarsi della sua presente schiavitù e per poter ricercare la sua figliuola. Accettò, quindi, con entusiasmo, fissando col Sergenti tutti i particolari di una fuga.
      Renzo Sergenti tornò la sera stessa. Il Cerruti non si era fatto vivo in tutto il giorno; aveva, anzi, scritto un biglietto, nel quale, contro il suo solito, si scusava di non poter venire a trovare Augusta sino al domani.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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