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      Si alzò di letto. Aveva le membra rotte e un gran mal di testa.
      I vestiti le si erano miseramente sgualciti e, inoltre, la avevan fatta sudare. Tuffò il viso nell'acqua, senza spogliarsi, si asciugò, si ravviò i capelli sulle tempie, poi si arrischiò ad aprire la porta.
      Nella breve anticamera non c'era più nessuno.
      Credette d'aver sognato; tuttavia, l'impazienza la spinse a muovere qualche passo per la sala, facendo risuonare apposta il pavimento. Un uscio si dischiuse e la signora Tilde, in accappatoio, le si presentò innanzi. Aveva il viso sorridente, abbellito da due fossette alle guance.
      Si fece incontro ad Augusta e le stese la mano:
      — Come va, cara piccina? Ha dormito bene? Quelle sventate delle sue compagne la avranno, forse, svegliata innanzi tempo. Eccole, che ritornano. Birichine!
      E fece una mossetta di minaccia con l'indice.
      Tre ragazze, anch'esse in accappatoio, avevano invasa la stanza e si pigiavano intorno ad Augusta, urtandosi e ridendo. Tre paia di occhi curiosi squadravano la nuova venuta, indagandone ogni parte, fissandola sfrontatamente e con una certa malizia amichevole, che indicava più leggerezza che malvagità.
      Augusta fece presto conoscenza con esse. Una si chiamava Bettina ed era appunto quella, che aveva insinuato il viso nella camera della nuova arrivata.
      Era un tipo piacevole di ragazza toscana, non bella, ma gentile e aggraziata come una gattina.
      Il naso un po' lungo e il corpo magro erano compensati da due occhi neri ed espressivi e dalle movenze leggiadre ed agili di tutta la personcina.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





Tilde Augusta Augusta Bettina