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      Di quando in quando aveva ribellioni interne, che non osava esternare innanzi alla placida dolcezza della signora Tilde, soltanto, per un resto di pudore evitava di mostrarsi in tali pose oscene con l'amica Bettina.
      Quel, che più la disgustava, si era l'ingerenza continua dell'amante della signora Tilde, il quale non si peritava di entrare egli stesso, la mattina, in camera di Augusta e di chiederle i denari guadagnati che intascava, inscrivendone l'importo in un suo taccuino. Essa non comprendeva come un uomo potesse avvilirsi a tal punto, da ricercare il prezzo del mercato in una camera, ancora calda di sensualità mascolina.
      La signora Tilde, alla quale un giorno Augusta espose qualche osservazione, si contentò di guardarla coi suoi occhi penetranti e di dirle:
      — Non ti disturbare, piccina mia, con certe idee. Basta ch'io sia contenta.
      Anche Bettina rideva degli scrupoli di Augusta, accontentandosi, come segno di protesta contro quell'intruso, di mostrargli la lingua, appena egli le voltava le spalle.
      Due anni stette Augusta in quella casa. Alla fine, s'imbattè in un ricco giovanotto spagnuolo, che le accordò la sua protezione, promettendole di liberarla dal giogo.
      Costui aveva un bel viso, guasto un po' da un forte strabismo mal celato sotto gli occhiali. Si rendeva simpatico, poi, specialmente per i suoi modi affabili e per la voce, che aveva limpida e melodiosa.
      Finì col pagare il debito della ragazza alla signora Tilde e col togliere Augusta a costei, allestendole un appartamentino.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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