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      Talvolta, anche, la batteva, lasciandole i segni sul corpo e una passione ancor più impetuosa nell'animo.
      Egli stesso si incaricava, spesso, di cercare gli avventori notturni in quel branco di forestieri avvinazzati e di genovesi gaudenti, che ogni sera riempiva la sala del «San Martino». Col suo cappellaccio a cencio, a larghe tese, posto insolentemente sovra la nuca, il Bruni passava tranquillo fra mezzo a quelle file di bevitori eccitati, come un padrone di mercanzia, seguito da un codazzo di giovani ammaliati dai suoi modi e per stoltezza o per interesse attratti a seguirne l'esempio.
      Spirato il mese di scrittura, il proprietario del locale non volle più saperne della nuova cantante. Con uno dei suoi soliti colpi di testa egli rifiutò recisamente di continuare a tenerla, poichè, diceva, gli avventori non vogliono sempre lo stesso piatto.
      Augusta parlò di recarsi fuori di Genova. Ma al progetto si oppose risoluto il Bruni, il quale non poteva abbandonare la città e non voleva perdere la sua preda.
      Quella notte vi fu burrasca in casa. L'agente teatrale smaniava, il pugno chiuso, ingiurando la ragazza, che non osava parlare. Infine, le urlò sulla faccia:
      — Sai che cosa devi fare? Scendi in strada e cerca.
      — No, no, essa tentò di dire.
      Ma l'altro le fu sopra, la prese per le spalle e la rovesciò sul letto; poi, cominciò a batterla, con la mano aperta, sulle braccia, sul viso, dovunque, finchè non le vide uscire il sangue dalla bocca e dal naso.
      Allora, gridò:
      — Andrai?
      — Sì, mormorò Augusta fra i singhiozzi.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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