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      Chi ha la parola d'ordine ed è ben conosciuto può varcare quella soglia e, scesa la scala, penetrare in una vasta cantina, sostenuta da mura solide e ingombra di panche e di tavolacci.
      Anche se la polizia facesse irruzione in quel luogo, vedrebbe semplicemente una specie di succursale per gli ubbriaconi, che, ad ora tarda di notte, vogliono sfuggire gli sguardi indiscreti e far evitare le multe e le contravvenzioni ai padroni di bottega.
      Il locale, che esternamente si intitola al «Buon Marinaio» e che porta come pomposa insegna un viso largo e paffuto di inglese in procinto di bere una caraffa di vino, all'interno cambia nome e simbolo e porta, proprio al basso della scaletta, un rettangolo di latta, ove è disegnato un grosso rospo, seduto sulle zampe posteriori e col ventre lucido e rigonfio esposto agli sguardi.
      Sotto il dipinto c'è scritto: «La Pancia del Rospo».
      Il palazzo, che è il secondo rifugio di Genova misteriosa, è bellissimo ed appartiene ad uno dei più ricchi borsisti della città marinara.
      Nessuno sospetterebbe in via Balbi e sotto apparenze così lusinghiere una simile corruzione. Le ampie scale, i colonnati, i giardini, la lunga serie di stanze magnificamente arredate, il numero ingente di camerieri e di persone di servizio, lo sfarzo delle carrozze e tutto quell'insieme, che rivela una vita signorile e quasi principesca nascondono i più pericolosi trasporti dei sensi e dell'immaginazione.
      In quel dedalo di camere esistono certi stanzoni, accuratamente ammobiliati, che sono esclusivamente tenuti per sfogarvi le malsane voglie di temperamenti corrotti.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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