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      I padroni del locale, due giovanotti grassi e rubicondi, simpatici sia pei modi che per la franchezza dei loro sguardi, accolsero festosamente il Perroni, che nel passato era solito recarsi al «Rosso» a farvi le sue cenette galanti.
      Giorgio si sentiva di umore allegro. Cominciò a gridare:
      — Giovanni, Giovanni, non si servono più i vecchi amici?
      Il cameriere, che rispondeva appunto al nome di Giovanni, si affrettò ad accorrere riconoscendo la voce e i modi dell'allegro avventore.
      I due amanti cominciarono a mangiare, alternando le risate e i bocconi e facendosi ammirare da quanti avventori riempivano il chiosco. A un tratto, una forma umana si drizzò innanzi ad essi. Giorgio alzò la testa e lasciò sfuggire un'esclamazione, ove non avresti saputo se legger meglio il dispetto o la gioia:
      — To', sei tu Trincia?
      Anche Augusta aveva mandato un piccolo grido. Tuttavia, si rimise subito e, dopo aver stretta la mano del disegnatore, chiese con voce tranquilla:
      — Venite per mangiare?
      — Già; e, se permettete, mi siederò al vostro tavolo.
      In un attimo si accomodò, con la sua aria calma e indolente, allungando le mani bianche e fini, quasi femminee, a servirsi. La conversazione, interrotta un istante, venne ripresa. Soltanto un leggero malumore, tradito più dagli occhi che dalla voce di Giorgio, poteva denotare agli occhi di un osservatore la presenza di un importuno in quel gruppo. Ma il Trincia non si sgomentava per così poco; egli continuava a servirsi e a parlare, mettendo il più possibile in vista le sue mani e i denti bianchissimi, ch'erano le sue bellezze.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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