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      Il proiettile di nuovo conio non colpì l'uccello, ma andò a conficcarsi nel terriccio di un vaso di fiori. In quel momento la porta, che dava sulla terrazza, si aprì e ne uscì un uomo lungo e magro, con le spalle un po' curve e col corpo avvolto in una vestaglia da camera rossa fiammante. Il nuovo venuto alzò il viso, che gli sfuggiva di sotto a una papalina, rossa anch'essa e ficcata fin sulle orecchie. Uno strano viso, davvero, tutto zigomi e mento, con gli occhietti piccoli e rotondi, affondati sotto il cranio e con due grandi buchi per guance.
      Il Perroni lo contemplò per un istante con stupore, poi si decise a parlare:
      — Perdoni! Mi son caduti gli occhiali, lì, su quel vaso! Vorrebbe esser tanto gentile da prenderli? Le calerò una funicella. Così, Ella potrà rendermeli senza ch'io debba venire a incomodarla.
      Ma il bizzarro personaggio parve non badasse a queste parole, poichè si pose ad agitare furiosamente le braccia, sbraitando con la sua vocetta sottile:
      — Ah! Ah! Era il mio pappagallo, che le dava noia! Povero Cicco! Bene! Bene! Ripareremo!
      Raccolse gli occhiali, li pulì e se li pose in tasca. Stava per rientrare in casa. Ma il Perroni, impazientito e meravigliato, lo apostrofò:
      — Ehi! Dico a lei, sa! Vuol avere la cortesia di rendermi i miei occhiali?
      L'uomo in vestaglia si fermò.
      — I suoi occhiali, dice? Sono miei, ora; e ringrazi il cielo ch'io mi limiti a confiscarglieli.
      Die' un balzo e rientrò in casa, sbatacchiando la vetrata.
      Il Perroni non era uomo da trangugiare l'affronto.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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