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      Il Perroni comprese subito il pericolo. Si trattava di un abile attacco e, ormai bisognava darsi per vinto e sloggiare o trovare qualche ingegnoso mezzo di difesa.
      A forza di pensarci e di inspirarsi a quelle orribili note, che per ore e ore venivano a lacerare ogni giorno il suo orecchio, il giovinotto finì col rinvenire qualcosa. Si recò da un venditore di fuochi pirotecnici e acquistò un minuscolo petardo, con la miccia preparata e imbottito sufficientemente di polvere. Dopo due ore, appoggiato tranquillamente al davanzale, egli studiava l'avversario dall'alto della sua situazione.
      La bocca minacciosa dello strumento si apriva quasi sotto il suo naso, cacciando fuori come un mostro marino gli sbuffi spaventosi delle sue note. Il momento era buono. Il petardo, lanciato da mano sicura, ruppe una nota nella gola del trombone e, scoppiando fra le lucide pareti, produsse un vortice di fumo e di fiamme e un boato, quale mai orecchio umano aveva udito prima d'allora.
      Il suonatore rovesciò sul suolo, tramortito dallo spavento, fra le urla degli inquilini del casamento, che, fattisi alle finestre, chiamavano aiuto e gridavano al fuoco.
      Intanto Giorgio Perroni, con passo tranquillo, scendeva dalle scale dell'edificio.
      Mentre sbucava sul penultimo pianerottolo, una porta si apri violentemente per dare passaggio al corpo ossuto del povero mistificato. Il Perroni, temendo di venir rovesciato per le scale, si affrettò ad avvicinarsi a quell'uscio, tendendo le braccia innanzi per arrestare la furia del suo avversario.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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