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      — Ho inteso molte chiacchiere, ma non ho visto un essere degno di parlare e di venire ascoltato. Io sono la pazzia, signore, ed anche la saggezza, poichè la maggiore saggezza risiede, appunto, nella demenza. Io solo ho il diritto di comandare, poichè accumulo in me le funzioni di tutti gli uomini. Ogni creatura è soggetta al mio impero, ch'io rendo piacevole o doloroso a seconda delle circostanze. I monarchi mi devono il loro trono, poichè inspiro la devozione nei loro sudditi; i sacerdoti mi devono le loro preghiere, poichè propago la fede; le donne mi devono la loro gratitudine, poichè infiammo il cervello dei maschi; gli affaristi mi devono le loro sostanze, poichè spingo l'interesse a farsi giuoco dell'interesse e la stoltezza a servire l'ipocrisia. I più celebrati figli della gloria sono miei figli, i poeti mi riconoscono come loro signore e mi invocano ad alte grida nelle notti di luna. Io scherzo con la primavera, pungo con l'inverno, farnetico con l'autunno e riposo con l'estate. Io sono il principio e la fine, la grande Causa, il male ed il bene, la febbre e il sonno. Io mi chiamo, in una parola, Follia e inspiro le azioni degli uomini.
      — Silenzio, screanzato, lo interruppe iroso il vecchio Padre Eterno. La tua lingua non ti salverà dalla fine, che t'apparecchia la mia collera spaventevole!
      — Silenzio a te, vecchio bastone da imperatore, mummia incartapecorita, ciarpame da rivendugliolo, grappolo d'uva marcia, testa mal verniciata di pipa, colosso di creta, magistrato da strapazzo, avanzo di superstizione.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





Causa Follia Padre Eterno