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      Aveva le palpebre chiuse, le membra percosse da un leggiero tremito.
      Ebbi paura di aver detto troppo per spirito di gelosia e volli riparare al mio errore; perciò mormorai:
      — Essa mi amava! Ha voluto abbandonarmi! Perchè la devo incolpare di ciò?
      Mi posi in ginocchio accanto a lei e continuai:
      — Ti chiedo scusa, Sofia. Ti ho insultata e me ne pento. Se ami Dario più di me, non temere ch'io voglia ostacolare questo tuo sentimento. Ti amo troppo e mi rassegno.
      La donna aveva aperti gli occhi. Mi guardò trasognata, poi mi buttò le braccia intorno al collo, singhiozzando:
      — Perdonami anche tu. Sì, lo amo e da un pezzo. Ti ho ingannato; ma non osavo parlarti. Tu sei buono, Gianni, e mi comprenderai.
      Il Cerruti ci aveva contemplati in silenzio. Le sue labbra si erano piegate a un gesto di sprezzo. Si avvicinò e disse:
      — Avete finito?
      Mi alzai allontanandomi da quella donna e mi avviai verso l'uscio. Volevo finirla in tal modo, poichè sentivo che l'odio contro il Cerruti mi avrebbe facilmente trasportato a qualche eccesso. Ma Dario mi fermò con una frase.
      — Resta! Devo parlarti!
      Mi volsi indietro e attesi. Sofia si era alzata dal divano ed era venuta ad appoggiarsi a un braccio del mio rivale. Costui la respinse ruvidamente, poi cominciò:
      — Gianni, qui dentro siamo in tre anime perse, in tre creature dannate. Ascolta bene il mio discorso, che potrà giovarti, se vorrai approfittarne. Tu mi devi tutto, poichè per mio mezzo hai ricuperato la ragione.
      — Non lo dire, Dario, lo interruppi, poichè per tuo mezzo l'avevo persa.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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