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      — Stupida, disse il Cerruti. Lascia fare a me!
      Piegò il testone rosso sul caduto e gli circondò il collo con le sue dita. Ma il movimento troppo brusco liberò in parte il vecchio, che potè respingere gli assalitori per un istante ed alzarsi.
      Non aveva la forza di parlare! Rimase lì un poco, barcollando sulle gambe malferme, col volto livido e con gli occhi allucinati. Aveva la gola spalancata; ma da essa non usciva se non un suono cupo, come di catena d'orologio, che si spezzi.
      Il Cerruti fu pronto a gettarsi di nuovo sopra di lui, mentre Sofia, pallida e tremante, tentava di aiutarlo.
      Quei tre corpi formarono per un istante un solo volume, poi rotolarono insieme al suolo. Due soli si rialzarono da quella caduta, Sofia e il Cerruti.
      L'altro era rimasto per sempre nel regno delle tenebre.
      — Presto, presto, disse il Cerruti; aiutami a portarlo. Gli porremo una pietra al collo e lo getteremo in mare.
      Li vidi allontanarsi per il sentiero. Distinsi ancora la testa rossa del Cerruti e il collo lungo e livido della sua vittima, che biancheggiava sovra una sua spalla. Poi, tutto scomparve.
      Stetti ancora lì un certo tempo. La commozione mi aveva tolto l'uso delle mie membra. Ero rimasto come istupidito nè osavo ripensare alla scena, vista poco prima.
      Infine, mi alzai e, raccogliendo le mie idee, mi avviai verso Monaco. Giunto in città, mi recai rapidamente in casa di Sofia. Avevo risoluto di portar via con me la donna o di toglierle Augusta per sempre. L'incontro col Cerruti non mi faceva paura.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





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