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      Non una finestra, non una porta, non una loggetta, che si trovi sulla stessa linea o corrisponda simmetricamente ad un'altra. E poi, certe finestrelle così piccole, che voi credereste dover appartenere piuttosto ad una colombaia, che ad un'abitazione umana e che dubitereste fossero state fatte per dare luce ed aria a camere o sale, se qualche viso di donna non sporgesse fuori da esse, come un fiore da un crepaccio di muro.
      E fanno davvero l'effetto di crepacci formatisi in vecchi muri quelle aperture lunghe, prive di persiane, tirate giù senza piombino e livello, con le imposte, che voi indovinate esistere solo pel riflesso di luce, che si rifrange sui vetri. E poi certe cose lunghe, nere, dalla forma di lumache che striscino sopra un'acqua oleosa dai mille riflessi, e che passano silenziosamente innanzi ai vostri occhi: le gondole. E poi le porte delle case, che s'aprono a filo d'acqua e conducono ad abitazioni non certo d'uomini, ma di benigni spiriti della laguna.
      Ed infine, in mezzo al silenzio generale e profondo, il rumore sordo dell'acqua, unica cosa viva fra tante morte, che avvolge la città dei misteri e del sogno. Ed ecco gli abitanti di Venezia, corrispondenti perfettamente alle linee della sua architettura. Li vedete saltellare come passeri a traverso viuzze così strette che, se voi voleste, potreste ogni mattina stringer la mano alla vostra vicina di casa, e così tortuose da impedirvi di scorger nulla, se non mura, al di là di una cinquantina di metri. I passanti vi guardano con viso sorridente quasi vi conoscessero dall'infanzia.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





Venezia