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      Gli umili gufi, invece, preferiscono il tenue chiarore delle stelle e la malinconia della luna. Gli uni come gli altri si incontrano spesso, in due o tre, nella vita, e si uniscono amichevolmente in una comune fantasticheria, che ora li culla nell'abbandono della natura addormentata, ora alita come incubo nel penoso lavorio del pensiero.
      Io ho conosciuto qualcuno di questi esseri misteriosi, nati nel notturno terrore di un'aurora boreale e destinati fin dall'infanzia alla dolorosa vita fittizia dell'immaginazione. Appena le prime stelle cominciano a tremolare nel cielo, essi escono dalle loro recondite abitazioni e si dilungano per le vie e pei sentieri tra le siepi fitte o sotto le ombre dei pini o sulle sabbie umide del lido. Portano un mistero negli occhi profondi e una infinita tristezza nell'anima.
      La loro malattia è incurabile; è l'incubo di quanti sentono al di là dell'esistenza volgare un'altra vita velata a mezzo dalle nebbie del debole pensiero umano. E chi oserebbe sorridere con una tale visione negli occhi?
      Fui compagno per molto tempo di uno fra questi umili gufi e lo seguii nelle sue peregrinazioni di nottambulo, finch'egli passò per sempre dalla notte della vita a quella della tomba.
      Era un uomo bizzarro, eccezionale fra tutti. Un fanciullo, in fondo, pieno di dolcezze e di perversità fanciullesche. Aveva uno strano corpo di magro, un po' slogato, coi piedi che sembrava volessero staccarsi dalle caviglie e la schiena curva. Sul collo, una testa allungata, coperta di capelli ispidi.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280