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      Il narratore principiò:
      — Dirò la storia di Pietro Martino, il visionario. Essa piacerà molto a donna Anna, la terribile anarchica laureata.
      Gioia e festa, quel giorno, nel palazzo marmoreo dei Cesari. Lungo gli ampi porticati, adorni di ghirlande, per le sale ove le armature luccicano sulle pareti sotto gli sguardi immobili dei guerrieri, che dalle antiche cornici contemplano le gloriose spoglie, nel gigantesco salone rischiarato da magnifici candelabri, torcenti i bronzei steli sotto il peso di mille candele di cera nera, ovunque passano cantando schiere di fiorenti fanciulle. Hanno indossati gli abiti più appariscenti, tuniche intessute d'oro e gonne di fine trama, han posato sui piccoli seminudi seni preziose collane di perle e ora folleggiano canterellando nella gioconda attesa, che foggia le labbra alla risata squillante e fa scorrere per le carni un brivido voluttuoso.
      Nel salone regale è seduto il vecchio monarca, lo sguardo fisso, l'animo un po' tormentato dall'ansia di quel caro ritorno. Per tre anni il figlio bene amato lasciò un vuoto nel grande palazzo, per tre anni, atteso di giorno in giorno, sbizzarrì la giovanile fantasia in contrade lontane.
      Nel partire disse: «Non so quando il destino o il capriccio mi ricondurranno fra i miei cari; certo, se pur la morte non mi sorprenderà per via, tornerò uomo e forte». E si avviò verso l'ignoto, desideroso di avventure e dimentico, nella sua spensieratezza adolescente, di ciò, che lasciava dietro di sè. Oggi, finalmente, tornerà a riscaldare con la sua anima quel freddo ambiente, a far rivivere di una nuova vita tutti quegli esseri fossilizzati dalle tranquille abitudini.


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Genova misteriosa
Scene di costumi locali
di Pierangelo Baratono
pagine 280

   





Pietro Martino Anna Cesari