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      Entrarono a braccetto nel retrobottega. Dentro c'era, seduta, una donnina grassoccia, col naso birichino e gli occhi azzurri. Stava scherzando con un grosso gatto e con un gomitolo di lana. Appena vide entrare i due, si fece seria e si alzò.
      Arviò spinse innanzi il vagabondo, dicendo:
      - Grazietta, c'è l'amico di cui ti ho tanto parlato. Ora si è dato al buono. Sai? Lo chiamano Re Torbido, qui!
      La donna mostrò i dentini fitti in una breve risata. Poi si avvicinò al vagabondo e lo guardò, in silenzio, con i suoi occhioni azzurri. Tentò ancora di ridere, allungò timidamente una mano a raggiungere quella che le si tendeva, e corse a rincantucciarsi in un angolo buio, col suo gatto.
      - È un po' selvaggia, spiegava Arviò all'amico; ma non quanto te!
      Lo sguardo di Re Torbido rimaneva fisso, con un incosciente stupore, su quel fresco viso di donna.
      Per un pezzo il vagabondo non fu più visto da Arviò. Infine, una sera capitò nel negozio. Da allora si fece visitatore assiduo. A poco a poco diveniva più docile, meno irrequieto, meno superbo. Qualche volta si attardava in quel retro-bottega, mentre Arviò dormiva con la testa appoggiata al tavolo e Grazietta chiacchierava allegramente.
      Intanto, nel quartiere cominciava a correre qualche voce un po' dubbiosa su quella nascente intimità. Dapprima le comari si riunivano in crocchio a commentare, come potevano: trovavano da ridire sulla strana allegria di Re Torbido e sulle nubi di tristezza, che a volte velavano il bel viso di Grazietta. Poi, fatte più audaci, sobillarono anche gli uomini a parlarne.


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Ombre di Lanterna
di Pierangelo Baratono
1909 pagine 254

   





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