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      Quanto ho visto nella vita ha fiaccata, distrutta ogni mia speranza. Amare? Chi? Vi è forse un cuore, capace di affetto, nel mondo? E, se vi è, si è forse nascosto in solitarie grotte per sfuggire ogni rude contatto, per sottrarsi ad ogni dolore? Questa febbre, che consuma me, si è forse tutta addensata nel mio sangue, tolta briciola per briciola dagli altri uomini e data a me dalla fortuna come una maledizione?
      Or tu sai la causa del mio inquieto vivere e sai perchè, nel mio profondo dolore, cercai scampo e rifugio in un orgoglio sfrenato, in una folle coscienza del mio valore e della dappochezza degli altri. Non io parlavo nelle ore dell'amarezza, ma questa mia debolezza racchiusa, questo desiderio non saziato, questo amore continuo, che non trovava altro amore, al quale unirsi. Se un po' di amicizia, se un po' di pietà buona e generosa sono rimaste per me nel tuo animo, non lasciare che il ricordo della mia persona assuma nella tua immaginazione una forma ostile e incresciosa. S'io ho peccato, si è perché ho voluto amar troppo e, non avendo trovato in altri una corrispondenza a questo mio prepotente sentire, ho dovuto tutto riversarlo sovra me stesso.
      Ed ora, addio, mio buono; dimentica di aver conosciuto uno, che lo scherno aveva intristito e pel quale una sola ironia correva sulle labbra maligne, un soprannome grottesco, foggiato dall'astuzia umana: frà Intelletto.
      Ricorda soltanto di quando in quando, se vuoi, che in un lontano, tranquillo, solitario convento vive e riposa frà Quiete.


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Ombre di Lanterna
di Pierangelo Baratono
1909 pagine 254

   





Intelletto Quiete