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      Poi, ho strette le dita intorno al suo collo magro, piangendo. I giudici si mostravano indignati. Perchè? Avevo fatto loro alcun male? No; il male lo avevo fatto a me stessa, togliendomi l'unico amore della mia vita, il mio figliuolo. E lo ho fatto pel bene di lui. Prima di decidermi, ho battuto a tutte le porte, anche a quelle dei giudici. Mi hanno riso in faccia; qualcuno mi ha proposto di rendermi madre ancora una volta. In casa c'era la fame. Che fare? Tanto valeva ucciderlo, quel piccolo essere malato, che respirava a mala pena.
     
     
     *

      * *
     
      - Impazzì anch'essa. Prima che lasciasse il carcere, la vidi ancora una volta. Era tutta bianca, aveva sulla bocca un quieto sorriso e con le braccia faceva atto di cullare un bimbo.
      Il topo cessò di parlare, si grattò in fretta un orecchio, poi mi diede la buona notte e sgusciò via dalla stanza.
      Il domani mutai prigione.
      Sala d'aspetto
     
      Una stazione di provincia. La sala d'aspetto s'affonda nella semi-oscurità, a mala pena rotta da una tremula fiamma di gas. I viaggiatori sono pochi, quattro in tutto, tre operai, aggruppati insieme sopra un divano, e un vecchio signore, che sonnecchia in un angolo invaso dalle tenebre. I tre operai discorrono sottovoce, ascoltando il tic-tac monotono di un orologio a pendolo. Del vecchio, nell'ombra, si scorge soltanto la bianchezza del cranio calvo e il brillare furtivo di una grossa catena d'oro, passata a traverso il panciotto. Di tempo in tempo si odono suonare dal di fuori, a traverso la vetrata sporca di fumo, brevi ordini e chiamate imperiose; un campanello telegrafico fa udire il suo tintinnio, poi tutto ricade nel silenzio.


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Ombre di Lanterna
di Pierangelo Baratono
1909 pagine 254