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      Per formarsi un'idea circa l'attività e l'importanza di quel Savio, basta citare alcune cifre relative al maneggio che esso faceva del pubblico denaro per l'amministrazione dipendente. Nel bilancio pel militar dell'anno 1737, solo 9511 ducati e grossi 21 erano assegnati al Savio alle ordinanze per le cerne, e ducati 309 e grossi 17 per le loro mostre e mostrini; e ciò sopra una spesa totale di 2,060,965 ducati e grossi 11 effettivamente fatta in quell'anno dalla Signoria per le cose della milizia(24).
      I migliori Savi avvicendatisi nell'amministrazione veneta della guerra, non mancarono di levare la loro voce contro la soppressione della carica di comandante in capo; mancanza che abbandonava quei magistrati a sè medesimi senza l'appoggio di spiccate capacità militari che rappresentassero la continuità nello apparecchio degli uomini e delle armi; e più che tutti, Francesco Vendramin, il miglior Savio alla scrittura della decadenza della Repubblica. Questi nel 1785 dichiarava infatti al Doge che il malessere dell'esercito dipendeva dalla rinunzia, fatta da tempo, "di eleggersi un commandante supremo, dalla cui sapienza e virtù si possano ritrarre quei lumi e direzioni che valghino a sistemare in buon modo le truppe"(25).
      Ma, ad onta di queste franche parole - come sempre le usava il Savio Vendramin - il generalissimo tanto invocato non venne a rialzare i depressi spiriti militari dei Veneti, e rimase la burocrazia che non passa(26). Questa intensificò anzi l'opera sua, così da avvolgere il Savio alla scrittura in una rete inestricabile di intralci e di formalità innumerevoli.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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