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      Se così fosse stato, la Serenissima all'aprirsi della campagna del 1796 avrebbe avuto 536 bocche da fuoco disponibili, nuove del tutto o riparate; e non si sarebbero visti sui rampari di Verona "i pezzi così malandati, i letti (affusti) "così rôsi dal tempo... che se fosse occorso di maneggiarne taluno non si saprebbe come eseguire l'ordine"(35).
      Ma per assicurare tali vantaggi all'esercito sarebbero occorsi continuità di vedute nell'amministrazione della guerra, preparazione, vigore di energie da parte delle persone elevate all'ufficio di Savio alla scrittura, accordo infine deciso e cosciente di tutti nell'attuare una riforma finanziaria ed industriale che avrebbe legato il nome della Serenissima ad un grande e razionale progresso nella pubblica economia.
      Ora la vecchia e già tanto sapiente Repubblica, ridotta a lottare indarno contro la morte vicina, non poteva più trovare nel consunto organismo lo rinnovate energie capaci di redimerla dalla triste eredità del passato. Fino al 1786, cioè durante il periodi delle riconferme al Saviato di Francesco Vendramin - il ministro riformatore della decadenza militare veneta - le consegne della ditta Spazziani procedettero con ordine e regolarità, ma da quell'anno in avanti gli impegni cominciarono ad allentarsi finchè non ne rimase più traccia. Ai lagni in materia delle pubbliche cariche militari si rispondeva invariabilmente con delle buone promesse, con caute direzioni, con voti e parole, mentre i mali reclamavano urgentemente fatti, mentre gli ufficiali attestavano "che in Dalmazia ed in Levante vi sono ancora compagnie di fanti armate ancora dei fucili dell'ultima campagna(36)... si che il solo smontarli e rimontarli, ogni volta che pulir si debbono, basta a renderne un gran numero fuori di servizio"(37).


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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