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      Ma erano casi poco frequenti e subordinati in ogni modo alla occasione di qualche grande trasporto militare da Venezia alla grande piazza di terraferma(114).
     
     
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      La fanteria italiana surrogò nel 1775 il tricorno, che aveva portato in giro con qualche gloria nelle campagne di Morea sotto il Morosini, con un caschetto di pelle di vitello adorno di una "placca de otton." In quella circostanza le compagnie di granatieri degli stessi fanti - create assai tempo prima - ebbero dei berrettoni di pelle d'orso sul modello francese, guarniti di fiocchi azzurri e della "placca" con l'impronta del leone di San Marco.
      Pure in quel torno di tempo il colore bianco degli abiti della fanteria italiana - che ne era stato a lungo il distintivo caratteristico, come il cremisi lo era stato per gli oltremarini ed il grigio ferro per gli artiglieri - venne sostituito dal panno azzurro. Così le vecchie velade e bragoni di panno bianco cedettero il campo ad abiti di colore e di taglia alquanto più succinta, chiusi sul davanti da bottoni metallici fin sotto alla cravatta; e ciò per ovviare all'incomodo svolazzamento delle falde e per meglio riparare il soldato nella cattiva stagione. Tale riforma aveva anche una portata economica, perchè il nuovo abito meglio serrato alla vita del fante rendeva possibile l'abolizione delle così dette camiciole, o corsetti di colore che si usavano sotto la "velada."
      Il soldato portava una cravatta di pelle nera, due incrociature, o bandoliere di bulgaro, una per sorreggere il tasco o bisaccia, l'altra per sostenere la baionetta.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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