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      La stupenda officina delle armi e dei navigli veneti, verso la caduta della Serenissima si era quindi ridotta un'ombra di sè medesima, una bellezza stanca e disfatta dall'opera demolitrice degli anni, la cui fama richiamava ancora le genti a visitarla, ma più come un monumento delle passate età che come cosa viva. Così la visitò Giuseppe II nell'estate dell'anno 1769.
      L'Arsenale conservava ancora a quel tempo oltre tre miglia di circuito, e tutto intero il giro delle sue muraglie guarnite di bertesche sulle quali, di continuo, vigilavano le sentinelle per preservare il cantiere da ogni funesto accidente, specie dal fuoco. Queste sentinelle erano in corrispondenza con una guardia centrale posta in mezzo all'Arsenale, con cui, ad ora ad ora, esse scambiavano alla voce il grido di all'erta per sapere se vegliassero.
      Dalla sera all'alba un drappello di soldati - Oltremarini in massima parte - girava tutt'attorno al grande cantiere veneziano, ed anche questi solevano chiamare dal di fuori l'attenzione di quelli che vigilavano sull'alto delle mura, di guisa che l'incrocio delle voci delle scolte era continuo e persistente. Dei due maggiori ingressi dell'edifizio, quello detto da mare, d'onde entravano ed uscivano le navi, era guardato sempre da un buon nerbo di truppa disposto presso al ponte di legno. L'ingresso detto da terra, che si apriva sul Campo dell'Arsenal, era invece custodito da un altro manipolo di cannonieri e di schiavoni, i quali facevano la scolta sotto la grande porta del leone alato, sopra alla quale troneggia la statua di Santa Giustina.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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