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      Nel 1741 i bilanci militari veneti risalirono ad 1,818,147 ducati, nell'anno appresso - con la leva di due migliaia di cerne - crebbero ancora sino a 2,845,481 ducati e si mantennero a questo livello per tutto il rimanente periodo della terza neutralità d'Italia. Ma dopo la pace di Acquisgrana il governo della lèsina riprese di bel nuovo il sopravvento ed accompagnò senza interruzione le vicende militari della Repubblica fino alla sua caduta.
      L'esercito si ridusse daccapo prima alla forza bilanciata di circa una quindicina di migliaia di uomini, poi ad una dozzina di migliaia, compresi i non valori. Le compagnie di fanteria precipitarono alla forza di una trentina di individui, quelle di cavalleria ad una ventina, i bilanci militari al milione e mezzo di ducati ed anche meno.
      La bancarotta non poteva essere più completa. L'Arsenale ridusse pressochè a nulla il proprio lavoro, le milizie incanutirono sugli artificiosi piedilista, gli ufficiali furono obbligati a morire ancora in servizio nella più tarda vecchiaia per mancanza di danari necessari a giubilarli. Nondimeno la vetusta macchina della Repubblica continuava a reclamare tutta la sua parte di dissipazione dell'erario, senza che il più timido tentativo di riforma valesse ad alleviarne l'insopportabile peso. La macchina lavorava unicamente a vuoto e peggio.
      A comprovare questo spèrpero di energie basta l'esame dei bilanci dell'Arsenale veneziano, considerato come pietra angolare del vetusto edifizio guerresco della Repubblica.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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