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      Abbiamo perciò creduto opportuno di richiamare il munizioniere del territorio ed il Vela, l'agente noto della ditta Vìvante, ed imposto ad essi il più scrupoloso segreto con la minaccia di incorrere nella pubblica disgrazia, prescrissimo(272) al primo di avere sul fatto a cancellare dalli ricercati fucili le marche in essi impresse del territorio e riponendoli in casse, con le loro baionette, di trasportarli questa sera in modo inosservato nel luogo dove il Vela forma i magazzini per i suoi generi. Al Vela poi abbiamo ingionto che, lorquando avrà a presentarglisi un commissario francese per parte del generale Massena, abbia a dirgli che essendo stato da noi incaricato di procurare da mano privata la prestanza di duemila fucili, era a lui riuscito di averne mille subito e gli altri sarebbero somministrati nei seguenti giorni, a diverse partite. E questa dilazione abbiamo combinata perchè la ristrettezza del tempo conceder non poteva di verificar tutto il travaglio di togliere dai fucili l'impronta del territorio ed accomodare quelli che in qualche misura ne abbisognano
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      Lunga sarebbe la serie di queste umiliazioni e di queste mistificazioni, patite con eguale improntitudine dalla Serenissima per opera dei Francesi come degli Austriaci. Ma importa ora di conchiudere.
      La ragione ultima di ogni debolezza, di ogni contraddizione, di ogni transazione vergognosa, stava nel miserando stato di esaurimento militare in cui versava la Repubblica. Questa, fiduciosa nei trattati e nelle dichiarazioni di neutralità, nella politica di equilibrismo e di opportunità spinta oltre ai limiti del ragionevole, spensierata, allegra, disamorata della milizia, aveva creduto di trovare nei trattati medesimi un'arma sempre valida e rispettata, una specie di talismano, dimentica che la guerra li rompe e li calpesta quando così piaccia al più forte.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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