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      Non una creatura vivente che passasse, tranne di tratto in tratto, come un fantasma, un federale o un soldato che strisciava verso un angolo della strada per ascoltare il battito del cuore della posizione.
      I combattimenti in campagna aperta, sono un'epopea. Il paesaggio del campo di battaglia; l'immenso movimento; le artiglierie che coronano le alture di fuoco e di fumo e conducono il fulmine al galoppo dei cavalli in tutti i punti; le fanfare che suonano; i gridi di hurrah; le bandiere spiegate che flotteggiano come l'alia di un genio protettore sulla legione combattente; le cariche grandiose della cavalleria; lo spanto dell'intelligenza dell'uomo che giuoca quella tremenda partita di scacchi; gli uniformi multicolori dei reggimenti; le vicende della lotta; il correre dei brillanti officiali di Stato Maggiore; il luccicare delle armi... tutto ciò è la vita, è grande, è poetico, esalta la fantasia, inebbria di qualche cosa di più che la feroce ansia di uccidere; è l'uomo a cui restano ancora talune delle sue divine facoltà dello spirito. Per tali grandiose scelleratezze si trovano ancora gli Omero, i Virgilio, i Tasso, i Camoens... che accordano la loro cetera d'oro e le cantano.
      I combattimenti delle strade, di ordinario fatti di guerra civile, sono bassamente prosaici ed atroci. I combattenti non han più nulla del guerriero. Essi si appostano, si appiattano, si spiano, si dissimulano dietro un riparo; non bandiera che si porta avanti; non musiche che intuonano passi di carica.


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Gli incendiari della Comune
di Ulisse Barbieri
Legros Felice Milano
1871 pagine 143

   





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