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      - Oh, non importa! - rispose. - Date a me il coltello; io cedo a voi la spada d'Orlando,
      - Ma.... - balbettò il Sangonetto. - Non ci sarebbe generosità....
      - Eh via! Non temete; con quel coltellaccio tra mani io mi riprometto di tagliarvi la punta del naso che avete rossa e lucente come una ciliegia marchiana. -
      Fu questo per Tommaso Sangonetto il caso di vedersi perduto. Con quel diavolo d'uomo non la si potea vincere nè impattare.
      Buon per lui che messer Pietro gli venne in aiuto.
      - Anselmo! - diss'egli severo. - Lascialo stare; non c'è bisogno di combattere in quattro, dove la lite è soltanto tra due.
      - Già, diteglielo voi, messere; - ripigliò il Sangonetto, ritornando da morte a vita. - Che bisogno c'è? Se ci fosse una ruggine tra noi, non direi di no... si potrebbe anche vederlo, questo taglio del naso. Ma la ruggine non c'è, come non c'è la ciliegia(2), con vostra licenza. Del resto, siamo sacri alla patria. Se foste un nemico.... un genovese....
      - Ah! con quelli là ti sentiresti proprio di combattere? - domandò il Picchiasodo, con piglio sarcastico.
      - Ma, sicuramente! - rispose il Sangonetto, facendo l'uomo a sua posta.
      - Ci ho gusto, perbacco! - disse a lui di rimando il vecchio soldato. - Han da tremare, povera gente, quando ti vedranno in prima fila, colla tua cerbottana da passeri! -
      Volea replicare, il prode Sangonetto; ma sì, a farne la prova! Quel maledetto vecchio lo guardava con certi occhi da spiritato!
      Così perdette la ciarla Tommaso Sangonetto, come il Picchiasodo avea perso l'occasione di misurarsi con lui.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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