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      Per contro, egli poteva credersi obbligato di qualche cosa alla disgrazia di un amico, e, pensando al povero ferito che andava a togliere dall'osteria dell'Altino, aveva anche ragione a considerare la profonda verità dell'adagio, che tutto il mal non vien per nuocere. Disgrazia di cane, ventura di lupo, dicevano i vecchi.
      - Un bel garbuglio s'è fatto! - andava egli digrumando tra sè. - Giacomo in di grosso ha capito quello che dee lasciar credere della sua sfuriata contro il Fregoso. Mastro Bernardo, che è stato cagione di tutto il guaio, non parlerà. Io ci ho guadagnato di poter dire una parolina alla Gilda e di diventare un pezzo grosso alla corte. Non c'è che dire; sono ambasciatore, o giù di lì; lascio la spada pel caducèo,il panzerone per la guarnacca; cedant arma togae! -
     
     
     
      VI.
     
      Nel quale si vede come San Giorgio, invocato da due parti, non sapesse a cui porgere orecchio.
     
      Era un fiorito esercito quello che la repubblica genovese avea posto sotto il comando di Pietro Fregoso, e che questi guidava dal campo di Vado all'impresa del Finaro.
      Come Genova avesse provveduto a radunar gente, s'è già accennato a suo luogo. Seicento fanti dovea fare il vicariato di Chiavari, quattrocento il vicariato della Spezia ed ottocento le tre podesterie. La città di Genova dava quattrocento balestrieri, milizia sceltissima e assai riputata; Varazze, Savona e Noli, davano mille fanti; Albenga, i Doria d'Oneglia e i signori della Lengueglia, quattromila; Filippo Doria, del Sassello, cinquanta balestrieri; Giovanni Aloise del Fiesco e gli altri parenti suoi, si mettevano alla discrezione del Doge; gli Spinola di Luccoli, così quelli che possedevano castella, come quelli che non ne possedevano, erano obbligati a fornir per un mese dugento balestrieri; quanto al Doge, ne metteva del suo quanti bisognassero.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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