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      Il sangue turbato gli si ridusse con rapido moto al cuore, indi risospinto gli corse più veloce alle tempie. Ebbe allora come un bagliore negli occhi, diede in un grido di meraviglia, e, appoggiandosi forte ai bracciuoli della scranna, si alzò da sedere.
      - Ah, ah! - sclamò ella, ridendo del suo riso argentino. - Per la prima volta, messer Giacomo, vi vedo un po' di buon sangue sul volto. Ma sedete, vi prego; non vi scomodate per me.
      - Non è più tempo di star seduti, madonna Nicolosina; - diss'egli sospirando. - Tutti i giorni si combatte, laggiù, ed io sono stato già troppo in disparte.
      - Ma per giusta cagione, mi sembra; e con vostra buona pace, rimarrete ancora per qualche giorno tranquillo, messer paladino! - incalzò la fanciulla, con accento d'affettuoso rimprovero. - Il cerusico Rambaldo lo vuole e lo vogliamo anche noi, che non aveste a far ricadute!
      - Che serve, madonna? - ripigliò Giacomo Pico, crollando malinconicamente la testa. - Sono un povero disgraziato a cui forse metterebbe più conto il morire.
      - E perchè? - dimandò ella ansiosa. - Forse alcuna cosa vi manca, per viver felice tra noi? Parlate, messer Giacomo, parlate! Lo sapete pure, come qui tutti vi amano.
      - Tutti! - ripetè egli, sorridendo a fior di labbro.
      - Sì, tutti; ne dubitate? - replicò la giovinetta, rizzando il capo, con alto di leggiadra alterezza. - Sappiamo il debito nostro. Mio padre non è debitore a voi della vita? E quanti hanno vita e stato da lui, non vi sono obbligati del pari?
      - Ah, non è di ciò che intendo parlare; - disse Giacomo Pico.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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