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      Niente era da farsi più oltre, e il marchese Galeotto, sebbene contro sua voglia e scorrucciato oltre ogni dire, comandò di lasciare l'impresa, prima che il nemico sapesse di certo chi gli avea dato l'assalto.
      Chi si dolse più forte di questa mala riuscita fu il prode Sangonetto, sospeso tuttavia alla scala, a cui, da quel furbo ch'egli era, avea dato volta con uno sforzo repentino di braccia. E volle farsi sentire, il temerario guerriero, perchè lo sapessero tutti, che c'era lui, proprio lui, appollaiato lassù; senonchè, a mala pena s'avvide, al traballio della scala, che una mano nemica dal sommo dei parapetto lavorava a dargli la spinta, lasciò di vociare, gittò lo scudo per aver più spedite le mani, e lì spenzoloni fece le bracciate di due piuoli, in cambio di uno.
      - Peccato! - diss'egli nel ritorno a Giacomo Pico, e così ad alta voce che il marchese Galeotto lo udisse. - Una così bella occasione fallita, e per la balordaggine di due, o tre, venuti a romper l'ova in sull'uscio! Ero già a due braccia dai merli, quando quegli arfasatti m'hanno dato una volta alla scala, colla lor furia di corrermi tutti alle calcagna. Benedetta gente, per non dirne altro! O non lo sanno il proverbio, che la gatta frettolosa fa i catellini ciechi? Facevano a rubarsi il posto, que' scimuniti guasta mestieri; come se in questa nobile impresa con ci fosse stato tempo e luogo per tutti! -
      Così, dopo aver provveduto alla sua vita, provvedeva il Sangonetto alla fama, dando egli stesso una soffiatina nella tromba di questa compiacente signora.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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