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      L'avrebbe di gran cuore posseduta ed uccisa; e questo è dir tutto.
      Ora, mentre egli la seguiva degli occhi, gli venne udito, a due passi discosto da lui, un suono di rammarico, quasi un singhiozzo rattenuto a fatica. Fu dietro l'uscio in un salto, e vi trovò la Gilda rincantucciata, la Gilda più morta che viva.
      Subito intese che la meschina era là, ascosa e piangente, per lui. Del resto madonna Nicolosina gli aveva detto pur dianzi il segreto della sua povera ancella. Ed egli non se n'era avveduto prima; assorto nella bellezza gloriosa della giovine castellana, non avea mai chinato lo sguardo indagatore sul viso della Gilda; non aveva pensato mai che la sua bellezza, per essere in umile stato, non era già da meno di quella che a lui l'ambizione e l'amore facevano apparir così grande.
      Si chinò allora verso di lei, la rialzò tra le sue braccia e la trasse di peso nella camera, senza che ella pur si provasse a resistere.
      - Uccidetemi, messer Giacomo! - gli disse invece, dando in uno scoppio di pianto. - Ho udito ogni cosa e mi è più caro morire, che soffrir come faccio da un'ora. -
      Giacomo Pico rimase immobile un tratto a guardarla, così abbandonata nelle sue braccia, sciolta le chiome, il volto arrovesciato, fiammeggiante, inondato di lagrime. Era bella, così; e lo amava, e soffriva per lui.
      S'inginocchiò, per sostenerla meglio e sollevarle la testa, ma più, ancora per divorarla degli occhi e riscaldarla del suo alito ardente, quella donna leggiadra, che si struggeva di vergogna e di amore.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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