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      Anche i mercenarii, finita la loro condotta, e dove i patti nuovi non fossero più larghi dei vecchi, od altrimenti accettevoli ai condottieri, spulezzavano tosto; e talfiata anco passavano con arme e bagagli alla parte contraria, se questa aveva trovato il verso d'intendersi con esso loro e di offrire una paga più alta. Il sentimento dell'onore per que'tempi era tale, e comandati e condotti non si tenevano obbligati ad averne più in là del giorno assegnato.
      A proposito di giorni, uno finalmente ne venne, e fu quello di San Gregorio, ai 12 di marzo, che i genovesi levarono il campo. Già da due dì il fuoco delle bombarde si era di molto allentato; di che gli assediati aveano dato merito al tempo piovoso, che non tornava propizio alla lunga e malagevole operazione della carica. Ora, la mattina del 12, uscito il Sanseverino colle sue lancie francesi fuor dalla porta di san Biagio per far correrìa lunghesso il torrente, ebbe a meravigliar forte di non ricever molestia dai balestrieri nemici, che solevano stare in agguato alle falde di Monticello.
      Incontanente spiccò un uomo dalla cavalcata, perchè desse avviso di quella novità al marchese Galeotto. Il quale fa pronto ad uscire con grossa mano di fanti per tastare il terreno all'intorno, incominciando dalle bastite dell'Argentara e del poggio di Maria. S'inoltrarono guardinghi fino agli steccati, già per lo addietro così fieramente contesi, e del nemico non ebbero indizio; le bastite erano abbandonate. Salirono ai greppi di Monticello e niente trovarono; ridiscesero al piano, e la valle apparve deserta.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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