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      Il marchese Galeotto si applaudì di aver seguitato il consiglio di Temistocle e dimenticò i suoi primi sospetti intorno al cavallo di Troia. Sì certamente, quella era la riprova del fatto; i suoi nemici giurati, sebbene a malincuore (e questo egli se lo immaginava e lo intendeva benissimo), aveano pur dovuto ritirarsi dal campo, stupiti dalla tenacità del suo animo e della validità delle suo difese. E non ragionava poi male; senonchè, mostrava di conoscer poco messer Pietro Fregoso, uomo, come suol dirsi, tutto d'un pezzo, il quale avrebbe più facilmente perduto un braccio, una gamba, od altra parte della persona, che deposto un disegno della sua testa.
      Invero, entro le mura del Finaro e proprio nella corte dei signori del Carretto, c'era taluno che intorno ai consigli di messer Pietro poteva saperla più lunga che non il marchese Galeotto. Ma quest'uno ci aveva le sue brave ragioni per non dirne nulla al marchese e non turbare l'allegrezza recata nel castel Gavone da un primo giorno di sole.
      Quel lieto giorno il marchese Galeotto lo celebrò da par suo, col matrimonio di madonna Nicolosina, Le nozze, durando l'assedio, avrebbero dovuto farsi, malgrado l'animoso proposito della giovinetta, nella piccola chiesa di san Giorgio, che era nel recinto di castel Gavone, e per fermo sarebbero riuscite dimesse e malinconiche oltre ogni dire, senz'altra musica che quella eterna e fastidiosa di Anselmo Campora. Furono fatte in quella vece allegre e sontuose nella chiesa di san Biagio, non più esposta ai colpi delle artiglierie genovesi, dinanzi a tutta la corte ed al popolo, per doppia cagione festante.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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