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      Ad una svolta del sentiero e già in vista dello steccato di Pertica (che colaggiù erano calati i genovesi a piantar battifolle) comparve messer Pietro Fregoso a cavallo, e comandò ai capitani delle compagnie di far ritirare in fretta la gente, lasciando libera e sgombra la via al nemico.
      Obbedirono tutti, e, menando seco i prigioni che avevano fatti, si gittarono pe' campi.
      Il Maso colse il destro di quella conversione, per dare una sbirciata dietro di sè. Il cuore gli fece un sobbalzo di contentezza, poichè non molto lunge ondeggiava l'insegna del marchese Galeotto, e al grido di "San Giorgio e Carretto" i suoi compagni d'arme muovevano spediti all'assalto.
      Ma ohimè, la gioia del Maso non durò che un istante. Dalla parte dello steccato si vide un lampo, anzi una corona di lampi; si udì un rombo, un tuono, uno schianto, che a lui smemorato fece traballare la terra sotto i piedi; e in meno che non si dice fischiò nell'aria una rovina di sassi, battè, saltellò, ruzzolò per la strada, mettendo lo scompiglio nelle prime schiere che si facevano innanzi.
      Quasi sarebbe inutile il dire che questo fuoco d'inferno arrestò il corso dei nemici. Molti caddero, l'uno sull'altro, a rinfusa, urlando o gemendo, bestemmiando o pregando, conforme portavano gli umori; altri non ebbero il tempo di raccomandar l'anima a Dio che quella grandine li colse e li sfracellò senza misericordia. Tosto, dai due lati della strada, i balestrieri genovesi a spianar gli archi e scoccar frecce in quella calca disordinata; nè mancarono i balestroni e le briccole, per lanciare dallo steccato sugli assalitori una minutaglia di pietre e verrettoni, così riempiendo gl'intervalli un po' lunghi, che allora portava la difficoltà della carica, nel tiro delle armi da fuoco.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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