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      - E tu levala!
      - Levala! - ripetè il Maso, mettendo i polsi sotto il naso del suo aguzzino.
      Indi, mentre il Tanaglino, tutto raumiliato, lavorava a slegarlo, soggiunse:
      - Che te ne pare? Son io ancora quel villano ribaldo di poco fa?
      - Sarete un pezzo grosso, - borbottò(11) il balestriere stizzito, - e a noi due spetterebbe la taglia.
      - Eccoti la taglia, furfante! - esclamò il Picchiasodo, appoggiandogli una pedata.
      - Ne valgo cento, di queste; - aggiunse il Maso, gongolando dalla gioia; - fàtti dare il tuo giusto. -
      Il Tanaglino, come i lettori avranno di leggieri argomentato, n'ebbe abbastanza di una e non aspettò le novantanove che il Maso gli consigliava di prendere,
      - E così, ragazzo mio, - disse il Campora, come furono soli, - eccoti fuori dal servizio di mastro Bernardo....
      - E di messere Antonello da Montefalco, ai servigi del quale sono accomodato come paggio.
      - Di quel traditore, che in principio della guerra era con noi? Grama casacca, quella che dentro l'anno si volta! Buon per te che non lo servirai più. Vuoi restare con me?
      - Messere, - rispose maliziosamente il Maso, - questo sarebbe un voltar casacca ancor io.
      - Oh, non dico già come paggio; sei prigioniero, e resti al mio servizio fino al compimento di questa impresa maledetta. È il meno ch'io possa fare per te. Avevo fame e tu m'hai portato un pollo; avevo sete e non m'hai fatto aspettare un fiasco di vino. Ora dimmi, hai fame tu? hai sete?
      - Eh, non fo per dire.... Stamane siam venuti ad assalirvi prima di far colazione.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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