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      - Sì, per gittarmi anche il crocco nel pozzo! Tirati in là, scimunito, e tienmi piuttosto la balestra, ella non mi si sciupi nel fango.
      - Dite bene, Falamonica; sono uno scimunito; - borbottò il Maso, crollando il capo e tirandosi col sommo delle dita un sentore, anzi una voglia, di baffi. - Sono uno scimunito, - aggiunse poscia in cuor suo, - se non cavo i piedi di qua. -
      Il Falamonica intanto a calar la sua fune. Tutto andò com'egli aveva immaginato. Il crocco dondolava, faceva le giravolte a due o tre spanne dalla secchia. Bisognava dunque spenzolarsi sull'orlo del pozzo e allungare il braccio, perchè il gancio arrivasse; pel resto, non si trattava che di cogliere il punto buono e infilare il dente nell'anello insidiato.
      Il Maso guardava, e guardando pensava.
      - Faccio, o non faccio? - chiese egli perplesso a sè medesimo.
      La tentazione c'era; l'occhiata sospettosa in giro l'aveva già data, e si vedeva solo nella forra, solo col suo aguzzino, il cui capo spariva dietro le spalle, incurvate sulla bocca del pozzo.
      - Animo, a te, lanternone senza moccolo! - disse il Falamonica, sporgendo un braccio dietro di sè. - Dammi una mano, che son per toccare. -
      Il Maso alzò gli occhi al cielo, donde si fanno venire le cattive ispirazioni, come le buone.
      - Eccomi qua! diss'egli di rimando.
      E poste le palme contro le reni al nemico, gli dette un spianta gagliarda, che lo fe' andare a capo fitto nel pozzo.
      - Tocca ora la secchia! - soggiunse. - Io tocco il cavallo. -
      E lo toccò daddovero e lo fe' parere l'ippogrifo di Ruggero, quantunque e' non foss'altro che il modesto cavalluccio di san Francesco.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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