Pagina (301/304)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      La più leggiadra ed anco la più disgraziata donna del Finaro, era ben degna di questo dono celeste, che è una stilla d'oblìo.
      Anselmo Campora, visitatore quotidiano della famosa osteria, s'invitò da per sè al modesto banchetto. Modesto, poi, si dica soltanto per la qualità dei commensali, non già per quella dei cibi, e molto meno per quella dei vini. Quel sornione di mastro Bernardo scovò ancora per la solenne circostanza, da una certa buca fatta due anni addietro in cantina, una mezza serqua di fiaschi di quella sua prelibata malvasia di Candia, che faceva arrovesciar gli occhi, in segno di beatitudine, al miglior bevitore dell'esercito genovese.
      - Siete un brav'uomo, mastro Bernardo! - gridò il Picchiasodo, poi ch'ebbe trincato alla salute di Gilda, del Maso, della zia Rosa, e, a farla breve, di tutti gli astanti, - E vedo, stando qui di presidio, che questo popolo è buono, come si è mostrato valoroso in tante occasioni. Sentite ora un mio pensiero; in vino veritas, e se me ne versate dell'altro, mi spiegherò ancora meglio. Grazie infinite! Io dico dunque, che, come noi due non ci odiamo, perchè abbiamo potuto ricambiarci qualche servizio, così non debbono odiarsi finarini e genovesi. Che diamine? o non parliamo tutti lo stesso vernacolo? Meditate su questo punto, mastro Bernardo, che mi par l'essenziale. E non vi metta in pensiero qualche divario nella pronunzia, come a dire un po' di cantilena che noi sentiamo nella vostra parlata, e un po' di strascico che voi fiutate nella nostra.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





Finaro Campora Bernardo Candia Bernardo Picchiasodo Gilda Maso Rosa Bernardo