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      Perciò, avevamo detto al vetturino di condurci fin là, ma al galoppo, senza perdere un minuto. La diligenza, tardigrada di sua natura, non poteva averci preceduto; a San Martino si seppe che non era ancora passata; ma noi volevamo giungere molto prima di lei al punto indicato, per aver tempo ad assumere un'aria di gente quieta, e sopra tutto non farci vedere discesi da un cocchio, per salire in un altro. I cospiratori, si sa, sono un po' tutti così. E correvamo, a gran forza di frustate, per la via polverosa, col massimo desiderio di allontanarci presto, di fuggire da Genova, da quella Genova per la quale più tardi si ha da patire il mal del paese; cosa che a me accade di sicuro dopo quindici giorni di assenza.
      Certe nuvole vagabonde, di cui non è mai penuria in autunno e in vicinanza del mare, s'erano addensate sul nostro capo, spremendo un'acquerugiola che prometteva di mutarsi poco stante in acquazzone; ed io stavo pensando tra me dove avremmo potuto metterci al riparo, se in una botteguccia di tabaccaio che ricordavo esser là, passato il ponte, o sotto un arco del viadotto della strada ferrata, allora in costruzione. Pioggia o non pioggia, del resto, il luogo mi pareva di buon augurio, sotto la collina di San Giacomo, dove un anno prima, finita la campagna del Trentino, ero stato in felicissima villeggiatura tre mesi. Già la carrozza era entrata sul ponte; ma eccoti, mentre io dico al vetturino di fermarsi, l'altro tira via di galoppo, rispondendo a bassa voce e quasi senza voltarsi: non vedono?


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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