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      Graziosi embrioni d'amicizia, larve a cui non manca che un po' di tepori primaverili per mutarsi in crisalidi, vedute di cielo sereno fra due lembi di nuvole, per voi l'anima esce un istante dal covo e si rallegra all'aperto. Durate un baleno, ma la ricordanza rimane; e questa, che è gaia, aggiunge un fil di seta alla trama della vita, che è troppo spesso di canapa, e mal pettinata per giunta.
      Noi non chiedemmo il suo nome al nostro gentile compagno. Il più bel nome che un uomo possa portare egli lo aveva scritto nel viso: gentiluomo. Gentiluomo! ahimè, parola abusata, tirata malamente ad esprimere uno stato sociale, e non più una felice concordanza di tutti i pregi della mente e del cuore!
      Egli era di Signa, e ritornava allora dalla Esposizione di Parigi, che fu il tema dei nostri discorsi lungo il viaggio, salvo parecchie digressioni intorno ai luoghi per cui passava il convoglio, agli uomini insigni che li avevano illustrati nascendoci, ai possessori felici di quelle ville fastose, di quei castelli principeschi che sorgevano tutt'intorno a specchio dell'Arno, del nobile, regale, glorioso, ma non limpido fiume. Ogni bel giuoco dura poco, e "l'ore del piacer son le più corte." Perdemmo alla stazione di Signa il nostro gentil cicerone, e non potemmo levarci la più piccola curiosità intorno a tutto quel resto di paese che avevamo da percorrere. Fortunatamente non era più molto: ben presto, al dilatarsi e al pianeggiar della valle, al moltiplicarsi dei villini, dei parchi, dei ceppi di case, si sentiva Firenze: ancora qualche minuto di corsa, e ci apparve sul fondo verde grigio della prospettiva una gloria architettonica di torri, di campanili, di cupole, ed io riconobbi facilmente tutto ciò che da bambino avevo veduto in molte stampe, e da giovane in moltissime fotografie.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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