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      - Sì. - Bene, noi verremo dopo di voi, a dar l'ultimo colpo. Vengano, francesi e spagnuoli, austriaci e turchi; quando tutto un paese è fermo nel volere una cosa, non c'è forza che tenga, e si vedrà, giurabacco, si vedrà! -
      Ahimè, che cosa dovevano fare di tanto entusiasmo i nostri reggitori d'allora? Reggitori, così per dire; che in verità non reggevano niente. Innanzi di partire da Genova, avevo veduto una larva di governo, che voleva impedire ad ogni costo, e magari faceva gli occhiacci, per ispaventare i bimbi d'Italia. A Firenze, quando io vi giunsi, non vidi neanche la larva; c'era un ministero che affogava, e si vedevano le mani agitarsi in aria, i piedi pestar l'acqua, le bocche spumeggiare, gorgogliando parole interrotte. La marea nazionale pareva aver sopraffatto quel ministero, e i suoi fidi galeotti non si scomodavano neanche a porgergli un remo a cui potesse aggrapparsi; anzi, dirò di più, lo incoraggiavano a stare in acqua, dov'essi lo avrebbero seguitato. Alcuni facevano l'atto di levarsi la giacca, per esser più liberi al nuoto. Qualche articolo dell'Opinione lasciava trapelare perfino che il suo direttore non sarebbe stato degli ultimi.
      Chi procedeva lemme lemme in mezzo a quel tramestio di voleri e d'idee, era il comitato per l'insurrezione. Non ne farò colpa agli egregi cittadini che ci avevano mano. Forse a ciò li costringeva il difetto di quattrini; forse il tentennare del governo, e il suo mutare indirizzo tre volte in un giorno. L'uffizio del comitato, in via degli Archibugieri, si vedeva da mattina a sera assediato; l'anticamera, le scale, il portone, gli approcci, erano un viavai, un brulichio di gente che chiedeva, chiedeva, e non otteneva mai niente.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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