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      Giungeva a Terni un capitano, un maggiore, un colonnello? Qualche ufficiale trovato colà, o condotto in sua compagnia, gli veniva in taglio per dire: lo stato maggiore della colonna è composto, i quadri ci sono, non mancano più che i soldati. E i soldati giungevano; giungevano a centinaia da tutte le città dell'Umbria, delle Marche, della Toscana; gente d'ogni ceto, nuovi alla vita militare, la maggior parte tirati assai più da vaghezza di novità, che da un concetto profondo e dalla coscienza del dovere. Costoro, non scelti, non bene assortiti da esperti concittadini, non guidati da uomini di casa loro, che li conoscessero o potessero comandarli utilmente, calavano a Terni, dove anche prima di uscire dalla stazione trovavano il rappresentante del capitano X, del maggiore Y, del colonnello Z, che si affrettava a scriverli nel suo taccuino, - Ragazzi, volete venire? - Si parte subito? - Sì, questa sera si va a Rieti, a Scandriglia, al confine. - Andiamo; chi ci comanda? - Il tal di tale. - Benissimo, evviva il comandante. -
      In questo modo si componevano le falangi, che dovevano andare a Roma. Io non accuso nessuno, perchè nessuno ne ha colpa. I comitati locali credevano che al confine ci fossero uomini, i quali sapessero scegliere, ordinare, condurre: i capitani che erano al confine credevano che i comitati avessero spediti i migliori. In tutti era una gran voglia di far presto, di partire, di giungere al fuoco. E si faceva presto, si partiva, si giungeva: ma come, Dio santo, e con che gente?


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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