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      Corriamo là dentro, mettiamo fuori la faccia; che strana veduta, da mettere i brividi!
      Frastuono d'acque! dalla balza scoscesa il Velino attraversa il precipizio scavato dall'onde. Caduta d'acque! rapida come la luce, la massa zampillante spumeggia, crollando l'abisso. Inferno d'acque! dove esse urlano, fischiano, ribolliscono in eterno tormento, mentre il sudore della loro grande agonia, spremuto da questo lor Flegetonte, si rigira intorno alle negre roccie lucenti che fiancheggiano il gorgo, immobili nella spietata orridezza;
      E sale in ispuma al cielo, donde ancora ricade in continuo nembo, che scorre dalla sua nuvola inesausta di amica pioggia; eterno aprile al terreno, che si fa tutto uno smeraldo. Come profondo il vortice! e come l'elemento gigante balza di roccia in roccia con salti forsennati, scuotendo i massi, che già rotti e travolti dai suoi passi feroci danno per le lor fenditure un pauroso varcoAlla vasta colonna che sopra vi scorre, più somigliante alle scaturigini di un Oceano fanciullo, prorompente dal grembo delle montagne in doglia per un nuovo mondo, anzi che ad un padre di fiumi che gorgogliando scorra co' suoi serpeggiamenti attraverso la valle. Volgetevi a guardare; ecco, essa viene come una eternità che ogni cosa abbatte nel suo corso, affascinando di paura lo sguardo; cateratta senza pari,
      Orribilmente bella! Ma sull'orlo dell'abisso, dall'uno all'altro lato, sotto il limpido mattino, siede un'Iride in mezzo al vortice infernale, pari alla speranza su d'un letto di morte, e, non scemate mai le ferme tinte, mentre tutto all'intorno è lacerato dalle acque sconvolte, serba serena i suoi brillanti colori con tutte le loro non ricise strisce; rassomigliando, in mezzo alla tormentosa scena, Amore vigilante la Follia con immutabile aspetto.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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