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      Questo arcobaleno perpetuo, ch'è una delle grandi bellezze della cascata, non è stato ricordato soltanto da lord Byron; in tempi per noi antichissimi fu ammirato da Plinio, il naturalista, che scrive nella grande sua opera, al capitolo LXII del secondo libro, ove tocca delle particolarità del cielo nei varii luoghi della terra: "et in lacu Velino nullo non die apparere arcus." Che bella cosa, alla distanza di quasi duemill'anni, aver tutti contemplato il medesimo spettacolo! Noi passiamo, noi che siamo fatti di carne, d'ossa e di colpe; ma l'arcobaleno della cascata di Terni, lieve, impalpabile, frutto degli amori del sole con le gocce d'acqua, rimane, e rimarrà finchè durino l'acqua ed il sole.
      Se io vi stèssi a sciorinare tutte le fantasie che mi passarono per la mente laggiù, non la finirei tanto presto. Andate voi, con le vostre gambe, a vedere coi vostri occhi, a fantasticare colla vostra mente, che io qui faccio punto. Ma prima di tutto, quando sarete alle Marmore, pregate il signor Giuseppe Conti "guida della cascata" a liberarvi da quella turba di ragazzi, che col loro serrarvisi ai panni, con le loro grida importune, vi guasterebbero il piacere di quella scena stupenda.
      Con essi non giova aver soldi in tasca; più ne date, più ne domandano. Noi li avemmo tutti alle costole; e tra essi più molesta una ragazzina tredicenne, chiamata Barbara. È il nome di molte donne, laggiù; non ho avuto il tempo di sincerarmi se siano tali anche di fatto. Quella Barbara era belloccia, ed uno della brigata la battezzò per la ninfa delle Marmore; ma si fece brutta seccandoci col suo voler sempre denari.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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