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      Io, lungi dal sognare le schiere, sognai.... Ma no, non lo voglio dire: tanto, sul più bello, il mio sogno fu interrotto dalla voce del maggiore, che mi annunziava le cinque del mattino e mi ordinava di radunar gli uomini, per rimetterci in marcia. Balzai in piedi, corsi fuori a svegliar la mia compagnia, la seconda del battaglione, e, poichè tanto era tutta strada, anche la prima, comandata dal Pietramellara, e la terza, comandata dall'ingegnere Stangolini. In capo a dieci minuti eravamo tutti pronti per la partenza; e ci avviammo subito, allegri come pasque, dopo aver salutati con larga effusione di cuore i nostri bravi doganieri. Rammento che il brigadiere ci augurò di giungere a Roma in tre tappe. L'augurio, pur troppo, fu vano per noi: ma ad ogni modo il brigadiere fu profeta. Le tappe erano ancora tre, per l'Italia, e di un anno ciascuna. È figurato, il linguaggio dei profeti; e bisogna saperlo intendere, bisogna!
      L'aurora ci ritrova ancora sul colmo della montagna, tanti sono i giri e i rigiri della strada. Sotto di noi s'indovina una valle; davanti a noi si stende una lunga e larga veduta di vette, di colline, di poggi, con borghi e castelli appollaiati sui culmini, come nei quadri di Claudio di Lorena. Dal punto in cui siamo, per mezzo delle alture digradanti, che incominciano a svolgersi da uno strato di nebbia sottile ai primi raggi del sole, si scorge in lontananza una piccola massa tondeggiante e dorata, in cui è facile riconoscere la cupola di San Pietro, a cui nella nostra prospettiva sembra collegarsi una lista d'argento, serpeggiante e luccicante; il Tevere, il Tevere che ci fa da lontano la grazia di non parer biondo, col pericolo d'esser chiamato limaccioso dagli irreligiosi nepoti.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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