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      - Non si entra! - gridò il soldato ad uno che voleva forzar la consegna. - Ma io esco; - rispose il cittadino. - Allora passi! - conchiuse lo svizzero.
      Come abbiamo lasciato andare il contadino inerme, non lasciamo andare otto o dieci armati, che son fuggiti dal campo. Li abbiamo incontrati davanti ad una casupola, dove si sono affollati, chiedendo in malo modo da bere. - "Che fate voi altri? perchè non siete al fuoco?" domanda il maggiore. - "Tutto è perduto; si salva chi può" ci rispondono essi. - "Ah sì?" grida il maggiore. "Allora deponete i fucili."
      Non vorrebbero; ma egli incalza. - "I fucili, sì; parlo turco? i fucili, che non sapete portare. A voi, - soggiunge, volgendosi a quelli dei nostri che ne sono ancora sprovveduti, - levate le armi a queste.... "E lascio il resto nella penna.
      Disarmati, non senza difficoltà, nè senza scapaccioni, filano borbottando, verso Montelibretti. Uno solo, com'è alla prima svolta della strada, ardisce far fronte indietro e intuonarci un saluto beffardo. Gli si punta addosso un fucile, e lui via, come una lepre, a raggiungere i valorosi compagni. E per fuggire così, quei disgraziati erano dunque venuti innanzi poche ore prima? Che orrore, il soldato che fugge! Già l'ho sempre detto; io; l'uomo non è quella bellezza d'animale ch'egli vorrebbe far credere nei suoi trattati di zoologia; e spesso ci vuole tutta la sapienza d'un sarto, per renderlo tollerabile. Ma l'uomo che fugge, è una cosa a dirittura indecente.
      - Vuoi scommettere, - mi dice il maggiore, - che non c'è niente di vero in ciò che hanno raccontato quei mascalzoni?


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





Montelibretti