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      Gli amici li gustarono meglio: tanto che me li presero tutti. Ma io non portavo solamente sigari, da castel Giubileo; portavo anche notizie e induzioni. Due guide borghesi erano annunziate e introdotte presso il generale, mentre io stavo lassł. Non erano semplici guide, erano amici travestiti; uno di essi, il maggiore Guerzoni. Venivano allora da Roma, donde avevano potuto uscire con un pretesto, in arnese da contadini. Recavano l'annunzio che tutto era pronto per una insurrezione in cittą; ma che, per incominciare, si voleva aver Garibaldi alle porte. Era facile d'indovinare la risposta del generale, e facile d'intendere che quella notte si sarebbe dormito poco.
      L'ordine di marcia fu dato alle quattro del mattino. Splendevano ancora i nostri fuochi sulla fronte del campo, e il piccolo esercito, precedendolo i carabinieri genovesi, era in marcia per certe colline sulla sinistra della strada maestra. Quante colline, o Dei immortali! Pareva che non volessero finir mai. E tutte simili, ancora; basse, lunghe, ignude, frammezzate da insenature, frangiate qua e lą da un po' di macchia nana, il cui verde cupo contrastava col verde tenero delle praterie, che in quella penombra s'intravvedeva tinto di brina. Un odor di mentastro, abbastanza gradevole, ci giungeva alle nari, a mano a mano (quasi sarebbe il caso di dire a piede a piede) che noi calpestavamo l'erba di quei prati; i quali non volevano finir mai. Ne abbiamo misurati sei chilometri almeno.
      Cauti e spediti ad un tempo, silenziosi, con avanguardie e fiancheggiatori, osservando tutte le insenature, esplorando tutte le piccole macchie, procedono i nostri due battaglioni.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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