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      Alle ardite quadriglie antiboine volse la sua attenzione egli stesso. Si avanzavano sempre, si avanzarono fino a cento metri, non di più, dalla tranquillità nostra argomentando l'insidia. Per tastarci, incominciarono da quella distanza a tirare. I nostri avevano ordine di non muoversi, di tener bassi i fucili, di non far vedere neanche la punta delle baionette di sopra al ciglione.
      - Li aspetteremo a venti passi; - diceva Garibaldi; - e allora daremo dentro tutti quanti. -
      Le quadriglie antiboine non fecero un passo di più; parevano inchiodate al terreno. Solo davanti a loro, o per mezzo, si muoveva correndo un bel cane spagnuolo, evidentemente felice come tutti i cani in guerra, che partecipano con tanto ardore, e sto per dire più dei cavalli, alle forti commozioni della battaglia. Il fuoco era aperto, ma durava senza merito, poichè nessuno di noi rispondeva, Fischiavano e gnaulavano le palle; quasi tutte troppo alte, passando; alcune troppo basse, ficcandosi nel terreno davanti a noi, o daccanto; nessuna toccando il bersaglio, che in quindici o venti offrivamo. E certo gli Antiboini avevano riconosciuto Garibaldi, poichè intorno a lui la gragnuola era più spessa. Un ufficiale di quella gente, da noi distinto benissimo, si fece dare da uno dei suoi soldati il fucile, puntò lungamente e sparò, anch'egli fallendo il colpo, e guadagnandosi un sorriso di commiserazione. Garibaldi, che era stato un pezzo guardando i tiratori col cannocchiale, si avanzò di alcuni passi fino alla linea dei pini, e gridò loro con voce stentorea:


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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