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      Presero essi a tirare, puntando con calma, e cinque colpi bene aggiustati mostrarono che nelle nostre file non erano coscritti. Le quadriglie balenarono, risposero ancora due o tre colpi, poi si ritrassero, portando i loro feriti; e l'ufficiale e il suo cane sparirono con esse dietro una ondulazione del terreno.
      Un quarto d'ora dopo, ad una insenatura della collina, vedemmo la legione tutta quanta ritirarsi,nella direzione di ponte Molle. In pari tempo si ritirava dall'altra banda il reggimento degli zuavi. Eravamo rimasti padroni del campo: ma per che farne? Ahimè, niun segnale da Roma.
      Si stette ancora un pezzo a passeggiare, a far capannelli, a discorrere, amici da anni, amici da un giorno, che ci vedevamo là, e forse, tolti di là, non ci saremmo veduti che a punti di luna, o mai più. Ricordo che un Galoppini, di Spezia, capitano nel primo battaglione genovese, m'insegnò a fumare senza tabacco, caricando la pipa col caffè: due o tre chicchi tostati, rotti tra le dita, si mettevano nel fondo della campana; tutto l'altro era caffè macinato; e ne usciva una fumata aromatica, eccellente, alla gloria di Roma. E ricordo ancora che la mia pipata destò l'invidia di un ufficiale spagnuolo, certo De Roa, venuto con altri suoi connazionali, esuli dalla patria, nel seguito di Garibaldi. Il simpatico giovane possedeva ancora un libriccino di papel de fumo; ma gli era mancata la foglia, e sperava di averla da me. Lo disingannai, mostrandogli un involtino di caffè macinato, che mi aveva regalato il collega; ma anche lo resi felice, dandogliene tanto da farsi quattro o cinque involtate per i suoi papelitos.


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Con Garibaldi alle porte di Roma
1867 - Ricordi e note
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1895 pagine 159

   





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